La penisola di Crimea è la più grande penisola affacciata sul mar Nero ed è collegata alla terraferma solo dall'istmo di Perekop, che la unisce alle regioni sudorientali dell'Ucraina. È situata a sud dal territorio ucraino, ed è separata dal resto della Russia dallo stretto di Kerč’. Chiude a sud la sezione nordorientale del mar Nero, il mar d'Azov, sul quale si affaccia la striscia d'Arabat che lo separa dal sistema di baie detto lago di Sivaš.
La penisola è stata abitata in antichità da Sciti e Greci, fino a sviluppare durante i primi secoli d.C. un regno semi-autonomo dall'impero romano. Coinvolta nelle migrazioni di popoli della tarda antichità e dell'alto medioevo, la penisola ha visto il susseguirsi di Goti, Unni, Bulgari, Bizantini e diverse popolazioni slave e turcofone. Nel tardo medioevo fu parte dei territori mongoli e subì in parte la colonizzazione di Genova e Venezia. In età moderna, dopo la disgregazione degli imperi mongoli, fu sede del Khanato di Crimea, un regno tataro dipendente dall'impero ottomano, fino al 1783 quando fu conquistata dall'impero russo. Dopo la rivoluzione russa e la riorganizzazione territoriale degli anni successivi assunse nel 1921 il nome di Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Crimea, parte della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa. Nel 1942, a causa dell'avanzamento della Wehrmacht in Ucraina e in Crimea, le minoranze nazionali presenti sul territorio compresi gli Italiani di Crimea finirono deportate con l'accusa di collaborazionismo, seguendo l'infelice destino della minoranza tedesca, già deportata nell'agosto 1941 durante l'Operazione Barbarossa. La deportazione della minoranza italiana iniziò il 29 gennaio 1942 e chi era sfuggito al primo rastrellamento fu catturato e deportato l'8 e il 10 febbraio 1942: l'intera comunità, compresi i rifugiati antifascisti che si erano stabiliti a Kerč, venne radunata e costretta a mettersi in viaggio verso i Gulag. A ciascuno di loro fu permesso di portare con sé non più di 8 chilogrammi di bagaglio. Il convoglio attraversò i territori di Russia, Georgia, Azerbaigian, Turkmenistan, Uzbekistan e Kazakistan: via mare da Kerč' a Novorossijsk, poi via terra fino a Baku, fu quindi attraversato il Mar Caspio fino a Krasnovodsk ed infine, nuovamente sui binari, i deportati giunsero sino ad Atbasar, per essere poi dispersi nella steppa tra Akmolinsk e Karaganda, dove furono accolti da temperature polari, fra i 30 e i 40 gradi sotto zero, che li decimarono. Lo stretto di Kerč e il Mar Caspio furono attraversati con navi sulle quali gli italiani erano confinati nella stiva; una di esse affondò. A causa della lentezza con cui procedevano i convogli, il viaggio durò fino a marzo; quasi metà dei deportati, tra cui tutti i bambini, morì durante il viaggio. Dopo la seconda guerra mondiale, per punire la presunta collaborazione con la Germania nazista durante l'occupazione, perse il titolo di repubblica autonoma divenendo un Oblast e la sua popolazione tatara (circa il 20% del totale) fu deportata in Uzbekistan, venendo sostituita da immigrati russi. Il 19 febbraio 1954 il Soviet Supremo dell'Unione Sovietica decise la cessione della Crimea alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. Nel 1991 con l'indipendenza dell'Ucraina ha assunto il nome di Repubblica autonoma di Crimea. Nel 2014 la Crimea è stata de facto annessa alla Russia a seguito di un referendum il 16 marzo in cui la quasi totalità dei votanti ha votato per l'annessione alla Russia. La comunità internazionale, l'UE, la NATO e l'ONU non riconoscono l'annessione della Crimea e hanno adottato le sanzioni politiche ed economiche nei confronti della Federazione Russa.
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