Alexander Pushkin - Russia

Aleksandr Sergeevič Puškin è stato un poeta, saggista, scrittore e drammaturgo russo.
In filologia egli è considerato il fondatore della lingua letteraria russa contemporanea e le sue opere, tra le migliori espressioni del romanticismo russo, hanno ispirato numerosi scrittori, compositori e artisti. Le sue opere rappresentano tuttora una tra le migliori espressioni della letteratura russa, in quanto nonostante i quasi due secoli passati dalla loro creazione, ci presentano una lingua tuttora viva e attuale. L'Istituto Pushkin, che si prefigge la diffusione della lingua russa nel mondo, prende il nome dal letterato.
Puškin nacque a Mosca il 6 giugno (il 26 maggio secondo l'allora calendario Giuliano) del 1799. Il padre, Sergej L'vovič Puškin (1767-1848), era un maggiore in congedo, appartenente ad un'antichissima famiglia aristocratica russa, mentre la madre, Nadežda Osipovna Gannibalova (1775-1836), era la figlia di Osip Abramovič Gannibal (un gentiluomo, a sua volta figlio del maggior generale russo di origine africana Abram Petrovič Gannibal - a cui Puškin dedicherà l'incompiuto romanzo storico Il negro di Pietro il Grande - e della di lui seconda consorte Christina Regina Siöberg, una dama russa appartenente ad una nobile famiglia di origini scandinave e tedesche) e di Marija Aleksejevna, una nobildonna russa.
Il futuro poeta venne alla luce in casa Skorcov - dove i Puškin, ridotti in ristrettezze economiche, vivevano -, sulla Molčanovka, all'attuale numero 10 di via Bauman. Il padre era un uomo dedito alla mondanità e molto avaro; Pëtr Andreevič Vjazemskij, amico di Aleksandr, ne avrebbe tracciato una descrizione corredata da un aneddoto: « Egli era avaro sia con se stesso che con i familiari. Un giorno, durante il pranzo, suo figlio Lev ruppe un bicchiere. Il padre avvampò e per tutto il pranzo continuò a brontolare. "Ma come si può prendersela tanto per un bicchiere che costerà venti copeche", disse Lev. "La prego di scusarmi, signore, non venti, ma trentacinque copeche!" ». Molto mondana era anche la madre, una donna « dispotica e capricciosa ».
Nonostante i rapporti con i genitori fossero piuttosto freddi, il secondogenito Puškin andrà sempre orgoglioso della sua nobiltà "vecchia di 600 anni" e del suo sangue in parte africano. Non venne educato dai genitori, assidui frequentatori di salotti mondani, ma dalla nonna materna, dallo zio materno Vasilij, che apparteneva a un circolo letterario d'avanguardia chiamato Arzamas, e dalla balia Arina Rodionovna, il cui nome fu reso celebre dalle liriche che l'autore compose nell'ultimo periodo della sua vita.
L'infanzia, trascorsa a Mosca, lo vide immerso in un ambiente assai stimolante dal punto di vista culturale. Puškin fu messo fin da piccolo a contatto con una realtà in cui si discorreva di letteratura, ed ebbe modo di conoscere, tra gli intellettuali che frequentavano la sua casa, Nikolaj Karamzin, pioniere di un rinnovamento linguistico e letterario della letteratura russa. La sua educazione, come quella dei fratelli, fu tuttavia alquanto disordinata; prima dell'ingresso al Liceo imperiale di Carskoe Selo, Puškin imparò ad apprezzare la lingua e la letteratura francese, avvalendosi della biblioteca paterna. Il poeta non parlerà mai del periodo precedente al liceo, né negli scritti autobiografici né in quelli letterari. Fu « un uomo senza infanzia »: i suoi ricordi più antichi faranno sempre capo a Carskoe Selo, vera culla della sua formazione umana e spirituale.
Lettore accanito, formò la sua prima cultura nella ricca biblioteca paterna, sui classici di Boileau, Racine, Molière, Parny, Chénier, Rousseau, Montesquieu, Voltaire.
Nel 1811 Puškin entrò al Liceo imperiale di Carskoe Selo, che diventerà la sua seconda casa: qui conobbe il futuro poeta Del'vig, i futuri decabristi I. I. Puščin e V. K. Kjuchel'beker, oltre a collaborare alla rivista della scuola, "Vestnik" (Notiziario), con primissime poesie in francese.
È in questo periodo, infatti, che cominciò a scrivere versi. Nel 1814 alcune sue poesie comparvero sul "Vestnik Evropy" (Messaggero d'Europa), e prima ancora di lasciare il liceo egli venne invitato a far parte della celebre società letteraria dell'Arzamas, dove si patrocinava la nuova letteratura di Karamzin e dove fu in grado di gareggiare con poeti già molto affermati come Žukovskij e Batjuškov. Nello stesso periodo conobbe Čaadaev.
Dopo aver completato i suoi studi, senza tuttavia eccellervi, nel 1817, Puškin diventò funzionario del Ministero degli Esteri, anche se di fatto non risulta che abbia mai svolto alcun lavoro ministeriale. A San Pietroburgo, dove risiedeva in quegli anni, condusse una vita all'insegna del piacere, primo fra tutti quello per le donne. In questo periodo frequentò Pavel Aleksandrovič Katenin e Aleksandr Sergeevič Griboedov. Ai salotti alternava tuttavia la partecipazione a società letterarie politiche progressiste, come l'Arzamas e la Lampada verde tanto che la poesia ispirò i lavori poetici di quel periodo (La libertà, La campagna, Nöel) facendolo cadere in sospetto di attività sovversive tanto che fu confinato da un provvedimento di polizia nella Russia meridionale. Alcuni epigrammi rivoluzionari avevano infatti cominciato a circolare tra i salotti nobili ancor prima della pubblicazione di quest'opera, ed erano giunti a conoscenza dello stesso zar Alessandro I, che lo obbligò a lasciare la città, e ad assumere un incarico governativo nella sperduta e lontana Ekaterinoslav.
Lavorò nel frattempo ad un poema epico romantico in sei canti Ruslan e Ljudmila, edito nel 1822, a cura degli amici che erano rimasti nella capitale, che gli valse il rispetto e gli onori della nuova generazione di letterati e le antipatie della vecchia che vedevano nell'opera un'involuzione e un meticciamento della letteratura russa.
Puškin trasse vantaggio dal confino viaggiando al seguito del generale V. F. Raevskij, nominato suo custode, e visitando la Crimea, il Caucaso e la Bessarabia spingendosi, libero sulla parola data al generale con cui nel frattempo aveva stretto un forte legame di amicizia, fino a Kamenka e Chisinau. A Kamenka frequentò Pavel Ivanovič Pestel', capo della società segreta Associazione del Sud.
Durante i due anni di confino scrisse Il prigioniero del Caucaso e una serie di liriche e poemetti in stile byroniano oltre ai primi tre canti dell'Evgenij Onegin.

Nel 1823 venne trasferito ad Odessa alle dipendenze del principe Voroncov, governatore generale della Nuova Russia. Odessa era allora un grande centro commerciale e una città cosmopolita per la presenza di stranieri, in particolare greci, ed era un ambiente piuttosto stimolante per uno scrittore (tra l'altro qui inizia il poema Gli zingari, pubblicato poi nel 1827).
Qui Puskin venne iniziato in Massoneria nella Loggia "Ovidio". Si profilarono peraltro dissapori con Voroncòv il quale, volendo vendicarsi della corte di Puškin verso la moglie Elisabetta, forse coronata da successo stanti le bellissime liriche che l'autore russo le ha dedicato, lo denunciò per attività sovversiva alla polizia. Come prova produsse una lettera, sottratta dallo stesso Voroncòv, in cui Puškin scriveva a un suo interlocutore di Pietroburgo con frasi giudicate atee. La polizia lo spedì quindi in esilio presso Pskov, nella tenuta materna di Michajlovskoe, dove rimase, senza la possibilità di allontanarsene, fino al 1826. In quell'anno infatti lo zar Nicola I, dopo aver represso il movimento decabrista, decise di annullare il provvedimento di confino avvisandolo tuttavia, in un'udienza privata, che da quel momento sarebbe stato il suo unico censore, salvo venir meno a quanto promesso quando la polizia intercettò una lettera mandata da Puškin ai decabristi in Siberia e riprese a controllarlo.
Intanto nel 1825 finì il poema drammatico Boris Godunov (rappresentato solo nel 1831) e il racconto in versi Il conte Nulin, oltre a diverse poesie.
Nel 1837, a seguito d'una lettera anonima che insinuava l'infedeltà della moglie, dopo aver insultato il barone van Heeckeren, ambasciatore del Regno dei Paesi Bassi e padre adottivo del presunto amante di lei - il barone francese George d'Anthès, dal 1836, anno in cui fu adottato dal barone, Georges de Heeckeren, marito della sorella di Natal'ja, Ekaterina - Puškin fu sfidato a duello. Fissato per le quattro del pomeriggio dell'8 febbraio 1837, il duello si svolse alla Čërnaja Rečka a Pietroburgo, dove oggi si trova l'omonima fermata della metropolitana e dove una statua del poeta ricorda l'evento. Puškin rimase ferito mortalmente e morì due giorni dopo la sfida, ad appena 37 anni per complicanze settiche della ferita all'addome. Leggende narrano che il barone si salvò grazie ad un bottone che parò il colpo del poeta. Un'altra versione racconta che il barone aveva una maglia di cotta a protezione, ordinata pochi giorni prima del duello.
Puskin mostrò pentimento e conseguentemente ebbe funerali religiosi. Dato che il governo temeva rivolte e dimostrazioni popolari, il funerale fu celebrato nella massima semplicità e il corpo di Puškin fu trasportato segretamente nella notte per essere sepolto nella proprietà di famiglia.

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